Il Palazzo Civico di Torino riscuote da anni grande interesse sia tra i torinesi sia tra i numerosi turisti italiani e stranieri che visitano la Città.
Il primo nucleo dell’edificio, acquistato dal Comune nel 1472 dal mercante Antonio Scrivandi, fu negli anni successivi radicalmente
modificato e ampliato con l’acquisto dei fabbricati limitrofi. Il palazzo, ubicato in una zona strategica della città, si affacciava sull’antica piazza di Torino, poi piazza delle Erbe, il luogo adibito al mercato della frutta e della verdura. L’edificio, divenuto sede definitiva dell’amministrazione civica e simbolicamente la casa dei cittadini, nel corso degli anni accolse la sala del Consiglio, la ragioneria, l’archivio, la prigione, la scuola e una farmacia che distribuiva gratuitamente farmaci ai poveri.
Il Municipio costituiva un punto di riferimento per la popolazione; in particolare al Consiglio, organo di governo della città, erano attribuite innumerevoli competenze che ne facevano il principale regolatore della vita comunitaria: quasi tutto ciò che avveniva tra le mura cittadine dipendeva in qualche modo dall’assemblea dei decurioni, gli antichi consiglieri comunali.
Lo scalone monumentale si trova alla destra dell’ingresso principale. Questa parte del Municipio nasce, così come la vediamo adesso, con un restauro del 1658 ad opera dell’architetto ducale Francesco Lanfranchi che modificò l’antica struttura medievale sullo stile dei palazzi nobiliari dell’epoca. La volta dello scalone è tuttavia frutto di un ulteriore intervento ad opera del pittore Pietro Fea nel 1823, parzialmente trasformato nel rifacimento del 1882. Viene utilizzata la tecnica del monòcromo chiaroscurale che, attraverso l’uso delle sfumature, inganna l’occhio dello spettatore, imitando, con il solo affresco, i bassorilievi. Il tema comune delle rappresentazioni è l’esaltazione della città di Torino attraverso allegorie di tema agricolo e rurale (le quattro stagioni
offrono i propri frutti ai due fiumi della città, nel riquadro di sinistra) e artistico (le arti e le scienze rendono omaggio alla città di Torino, nel riquadro di destra). Sulle pareti altre due rappresentazioni mostrano, da un lato, il Piemonte “bambino” nell’atto di difendere lo stemma della città a spada tratta; dall’altro, il genio d’Italia che sorregge la corona sopra lo stemma di Roma, indicando così gratitudine verso la nuova capitale nonché la civiltà
fondatrice della colonia Augusta Taurinorum. Proprio sotto quest’immagine troviamo l’asta finemente decorata della bandiera d’onore, donata nel 1898 dalle città italiane, in occasione del 50° anniversario della concessione dello Statuto Albertino.
Il salone in marmo, eccetto il soffitto in legno, conserva ancora l’originale decorazione neoclassica, progettata dall’architetto Ferdinando Bonsignore nel 1816. A colpire l’occhio dello spettatore è l’altorilievo, ad opera di Giacomo Spalla, che rappresenta Vittorio Emanuele I a cavallo quasi a grandezza naturale, sulla parete di destra. La sala è dedicata infatti a questo personaggio che, rientrando a Torino dall’esilio il 20 maggio 1814, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, fu accolto dal popolo in festa. A compimento del voto del corpo decurionale per il ritorno dei Savoia nei
propri Stati, quattro anni più tardi si svolse la cerimonia della posa della prima pietra per l’edificazione della chiesa della Gran Madre di Dio, anch’essa progettata da Ferdinando Bonsignore. Sulla parete opposta al monumento si trova, scolpito nel marmo, il verbale in latino della seduta con cui il Consiglio approvò la costruzione della chiesa. Tra le decorazioni sul fregio si possono notare la mazza e la tromba, simboli della città durante le processioni, anche conservati in originale in una teca. La balconata esterna era usata per le comunicazioni importanti dei decurioni alla popolazione
che, oltre alle nuove leggi e decisioni, comprendevano anche l’annuncio dei numeri del lotto, che venivano estratti all’interno della sala, sotto la supervisione di un giudice.
La Sala Verde delle Congregazioni è nuovamente nello splendore delle sue colorazioni originali, grazie al restauro del dicembre 2008. Questa sala, prima della costruzione della sala rossa, era la sede del Consiglio comunale durante l’inverno, grazie alla presenza di un camino; le sedute estive si tenevano invece nell’attuale sala del Sindaco. Il soffitto a cassettoni ospita cinque tele: il grosso dipinto centrale non è tuttavia originale,
ma vi è stato collocato in seguito allo spostamento della tela originale in sala rossa (nel 1880), dove si trova tuttora. Il grosso dipinto centrale, dal titolo “La fede e le virtù sconfiggono l’eresia” è circondato dalla rappresentazione, nelle quattro tele angolari, di virtù particolari che devono essere proprie di chi siede nella sala del Consiglio: la concordia (la donna che regge uno strumento musicale), la verità (la donna col seno scoperto), la sapienza (la donna col libro in mano) ed il silenzio (la donna con un dito davanti alla bocca) a evidenziare che, fino al 1848, le riunioni consiliari e le decisioni prese erano del tutto segrete. Sulle pareti laterali due dipinti rappresentano Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, a caccia, una delle sue attività preferite. Sulla parete frontale si trova una riproduzione fotografica del dipinto di Pietro Micca, ad opera di Andrea Gastaldi, il cui originale è custodito presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Infine sul fregio sono rappresentati otto episodi biblici che hanno come soggetto il buon governo. In questa sala, come in quella successiva, tutte le rappresentazioni sono rivolte ai Consiglieri, sottolineando le virtù e l’eroismo necessari per svolgere questo incarico.
La Sala del Consiglio o Sala Rossa non faceva parte del progetto originario, ma fu aggiunta nell’intervento ad opera dell’architetto reale Benedetto Alfieri
nel 1758. Una delle prime sale consiliari costruite in Italia, non adotta il modello semicircolare tipico dei Parlamenti moderni, ma è ispirata alla Camera dei Lord di Londra con una struttura quadrata che vede i due schieramenti l’uno di fronte all’altro. Al centro del soffitto a cassettoni, decorato con lamina d’oro, si trova la tela, che in precedenza era situata in sala Congregazioni, dal titolo “Ego Sapientia habito in Consilio”, che ricorda ai Consiglieri come le loro azioni, all’interno della sala, debbano essere sempre guidate da virtù e sapienza. Sulle pareti laterali si trovano due tele che riconducono
a momenti importanti per la città di Torino. Sulla parete di destra, una rappresentazione di Gian Francesco Bellezia: Sindaco di seconda classe (fino al 1848 Torino aveva due Sindaci nominati da due classi di decurioni, quella dei nobili e quella dei cittadini più illustri) che durante l’epidemia di peste del 1630 decise di rimanere in città per continuare a svolgere il suo compito (a differenza del resto della Corte e del Consiglio che erano fuggiti) e si fece murare in una stanza dove riceveva, tramite una fessura, il necessario per sopravvivere e per gestire l’amministrazione della città. Sulla parete
di sinistra sono raffigurati i due Sindaci in carica durante l’epidemia di colera del 1835 che offrono il voto della Città alla Consolata, all’interno dell’omonima chiesa, promettendo la costruzione di una colonna sacra se la città fosse stata risparmiata dall’epidemia.
Oggi possiamo ammirare la colonna con la statua della Vergine nel piazzale antistante la chiesa della Consolata. Dietro agli scranni utilizzati dal Sindaco e dal Presidente del Consiglio comunale, sopra le bandiere della Città, della Regione Piemonte, dell’Italia e dell’Europa, si trova un grande dipinto che raffigura, in abiti regali in stile medievale secondo il gusto ottocentesco, Carlo Alberto di Savoia Carignano, il Re di Sardegna che nel 1848 concesse lo
Statuto albertino, la prima forma di Costituzione dell’Italia Unita in vigore fino al 1946, quando venne promulgata l’attuale Costituzione Italiana. Nello stesso anno venne riformata l’organizzazione del Comune introducendo l’elezione diretta dei Consiglieri comunali e l’apertura al pubblico delle sedute del Consiglio. Tuttora si può assistere ai lavori del Consiglio grazie all’apposita balconata completata nel 1868, o tramite Internet . Tra i primi Consiglieri eletti nel 1848 vi era anche Camillo Benso di Cavour che mantenne l’incarico ininterrottamente sino al 1861, anno della morte, e a cui è dedicata una targa che ricorda lo scranno da lui occupato.
E’ possibile visitare il palazzo Civico di Torino con visite guidate e gratuite, rivolte a scuole, associazioni e gruppi, che sono effettuabili dal martedì al giovedì alle ore 9.30 -10.30 – 14.00 – 15.00 / il venerdì alle ore 9.30 – 10.30. L’attività è condotta con il supporto delle guide volontarie di Palazzo Civico. La visita si snoda attraverso il Cortile d’Onore, lo Scalone Monumentale e le splendide Sale Auliche (Sala Marmi, Sala Congregazioni e Sala Rossa) e permette di acquisire notizie storiche ed architettoniche sui luoghi nonché notizie sul funzionamento del Consiglio Comunale.
La visita si snoderà attraverso il Cortile d’Onore, lo Scalone Monumentale e le splendide Sale Auliche (Sala Marmi, Sala Congregazioni e Sala Rossa) e permetterà di acquisire notizie storiche ed architettoniche sui luoghi nonché notizie sul funzionamento del Consiglio Comunale.
Le visite guidate e gratuite, rivolte a scuole, associazioni e gruppi, sono effettuabili dal martedì al giovedì alle ore 9.30 -10.30 – 14.00 – 15.00 / il venerdì alle ore 9.30 – 10.30. L’attività è condotta con il supporto delle guide volontarie di Palazzo Civico.
Per info e prenotazioni: Servizio Consiglio Comunale – Ufficio Cerimoniale e Toponomastica – Piazza Palazzo di Città, 1 – 10122 Torino
Tel. 011.011.24012/22063 – Fax 011.011.23277 – e-mail: iniziative.istituzionali@comune.torino.it